04/05/2002
SIENA - "L'internazionalizzazone del dottorato di ricerca"
Molto spesso, i ricercatori italiani vanno all'estero per studiare, soprattutto negli Stati Uniti, ma molto raramente i ricercatori stranieri vengono in Italia per fare un dottorato.
Di questa carenza, ma soprattutto delle iniziative già intraprese per rendere i dottorati italiani più appetibili all'estero e più integrati nell'area di ricerca europea si è parlato oggi a Siena, in occasione del convegno intitolato "L'internazionalizzazione del dottorato di ricerca". La giornata di studio si è volta negli spazi del Graduate College Santa Chiara, struttura di eccellenza dell'Ateneo senese, residenza per ricercatori e docenti provenienti dall'estero e fulcro delle iniziative per il dottorato a Siena.
"Dare una dimensione internazionale alla ricerca è un obiettivo prioritario, soprattutto oggi, perché l'epoca in cui viviamo sarà sempre di più caratterizzata dall'integrazione culturale con l'Unione Europea" – ha detto Piero Tosi, rettore dell'Ateneo di Siena, aprendo i lavori del convegno. "E come conviene partire, per creare uno spazio europeo della ricerca? Probabilmente proprio come siamo partiti – ha continuato Piero Tosi – con accordi tra i diversi Atenei, con la circolazione dei dottorandi e dei docenti, senza pretendere subito di ottenere titoli e percorsi di studio comuni".
Gli sforzi intrapresi dall'Unione Europea per rimuovere gli ostacoli alla mobilità dei ricercatori e creare uno spazio europeo di ricerca competitivo rispetto alla grande forza statunitense sono stati illustrati da Viola Peter, in rappresentanza della Commissione europea.
Ma la giornata è stata anche l'occasione per fare un bilancio sul dottorato di ricerca in Italia. Sono ancora molto pochi, appena il 3%, i laureati che concludono un dottorato, contro una media europea del 10%. I ricercatori sono di ottima qualità, ma solo il 4% di essi viene assorbito dal mondo del lavoro. Le aziende italiane insomma, sembrano non aver capito il valore aggiunto che un ricercatore può portare.
Diversa la situazione in Germania, per esempio, dove ben l'80% dei dottori di ricerca viene assorbito dal mondo produttivo. "Purtroppo, non esiste ancora un mercato del dottore di ricerca – ha detto Giovanni Marchesini, rettore dell'Ateneo di Padova – il nostro sforzo dovrà essere quello di far cambiare mentalità al mondo esterno alle Università".
Uno sforzo che gli Atenei italiani, sempre di più in collaborazione con quelli europei, cercheranno di fare congiuntamente.
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