31/01/2002
SIENA - Un viaggio nella memoria, un affresco della tragedia: lo spettacolo di Ascanio Celestini ha incantato il pubblico di Parole e Musica
"Il carnefice non deve mai conoscere la vittima, perché altrimenti poi la riconosce e non riesce più a fare bene il suo mestiere di carnefice". E' uno dei passaggi più intensi della storia narrata da Ascanio Celestini. Lui racconta le vicende di cui ha sentito parlare a casa sua, a Roma, quelle che gli hanno riferito suo babbo e talvolta suo nonno. E ciò che ne esce è qualcosa di più di una descrizione, più di testimonianza. E' un affresco feroce dei ghetti ebrei.
Con lo spettacolo "Saccarina, cinque al soldo", Ascanio Celestini ha incantato gli studenti dell'Università di Siena, martedì e mercoledì scorsi al teatro dei Rinnovati, per la rassegna culturale Parole e Musica. Anche un modo, per l'Ateneo senese, per non dimenticare, per rendere omaggio alle vittime dell'olocausto.
Tutto comincia all'ombra del ghetto ebraico a due passi dal Tevere. Prosegue a Lodtz, in Polonia. In scena ognuno è interprete di se stesso: oltre a Celestini, c'è l'attore Olek Mincer e ci sono i sette musicisti dei Klezroym. Nasce così il racconto della quotidianità, di tutto ciò che la storia dei grandi eventi tralascia: il cinema Iris dove vengono nascosti gli ebrei, il vecchio Quirino Zazza macchinista del treno che va in direzione del lager, Yanek il polacco che quando si mette a fare affari con i tedeschi non ha più bisogno di commettere piccoli furti al mercato. E poi i numeri: il 16 ottobre del '43 dal ghetto di Roma vengono portate via 1022 persone. In quello di Lodtz, dei 270.000 prigionieri che vi sono rinchiusi nel 1940, ne saranno liberati solo 877.
Le parole scivolano via dal palco dei Rinnovati accompagnate dalla musica, suggestiva e passionale come la musica klezmer, propria delle comunità ebraiche ma con influssi del folclore est-europeo. Parola dopo parola la storia diventa musica. C'è la piccola fanfara di ottoni, la chitarra, il contrabbasso, le percussioni. C'è la voce sottile e potente di Laura Polimero, l'unica presenza donna sul palco. I sopravvissuti intonano le loro canzoni, voci di anziani ritrovate e registrate. Mentre i personaggi si fanno spazio tra le note, in una narrazione che per scena ha solo cassette di frutta illuminate da piccole lampade.
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