04/10/2008
AREZZO - A trent'anni dalla legge 180, la facoltà di Lettere di Arezzo organizza un incontro con Ascanio Celestini, autore e interpreste dello spettacolo "La pecora. Elogio funebre del manicomio elettrico"
Trent'anni fa l'approvazione della legge 180, che disponeva la graduale chiusura di tutti i manicomi italiani e l'affidamento della cura delle malattie mentali a specifici servizi extraospedalieri. L'Ospedale psichiatrico di Arezzo fu uno dei primi a chiudere (definitivamente nel 1989), grazie in particolare all'impegno del direttore Agostino Pirella che si pose l'obiettivo di "aprire" la struttura sulla base dell'esperienza da lui condotta a Gorizia e a Trieste proprio con il padre della riforma psichiatrica, Franco Basaglia.
A metà degli anni novanta, l'Università di Siena decise di ristrutturare i locali del manicomio – nella zona del Pionta - ormai abbandonati, per restituirli alla città come sede della facoltà di Lettere e Filosofia, un intervento che ha permesso di recuperare non solo fisicamente gli spazi ma anche la memoria di quei luoghi di sofferenza, oggi frequentati da studenti e docenti.
E proprio la facoltà aretina vuole ricordare il trentesimo anniversario della legge di riforma psichiatrica (1978) invitando la città nella sua sede, in quelle palazzine che ancora gli universitari chiamano con i nomi che avevano all'interno della struttura del manicomio: palazzine Donne e Uomini, palazzina dell'Orologio e palazzina Ram. L'appuntamento è per domani, martedì 7 ottobre, alle ore 16, presso l'aula 1 della palazzina Donne, per un incontro con l'attore e autore Ascanio Celestini, che negli ultimi anni ha visitato i luoghi degli ex manicomi raccogliendo memorie ed esperienze, sulle quali ha poi costruito lo spettacolo "La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico" (in scena la sera, alle ore 21, e il giorno successivo alla stessa ora al Teatro Pietro Aretino).
All'incontro organizzato al Pionta dall'Università interverranno anche Massimo Baioni, Laura Caretti e Patrizia Gabrielli, docenti della facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo, oltre al preside Camillo Brezzi, docente di storia contemporanea. «Negli anni Settanta», spiega il professor Brezzi, «se da una parte agisce il terrorismo, dall'altra numerose sono le voci che sollecitano, sulla base di nuove forme di cultura politica, un assetto più democratico della società ed esprimono un desiderio di cambiamento. Esemplare in tal senso», prosegue Brezzi, «è proprio la riforma della psichiatria. Basti pensare come da piccole esperienze, quali quelle di Gorizia e poi di Trieste con Franco Basaglia, o di Arezzo con Agostino Pirella, si metta in moto un processo culturale e sociale che affronta il problema della malattia psichiatrica, la sua cura e l'atteggiamento della società nei suoi confronti, fino a trovare una soluzione alternativa alla tradizionale coercizione dei "malati di mente" e alla demonizzazione della follia».