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Università degli Studi di Siena
Ufficio Stampa
Comunicati stampa

04/09/2004
SIENA - Mostra fotografica
"Attraverso altre finestre" per osservare la realtà di un manicomio
La mostra fotografica allestita
alla Certosa di Pontignano

Un'insieme di immagini perturbanti, sospese tra testimonianza angosciosa e trasfigurazione poetica. "Attraverso altre finestre" è una raccolta fotografica di Giusy Calia, allestita all'interno di un manicomio da tempo chiuso e dismesso per legge, ora più che mai inaccessibile e remoto, perso nella città di Sassari, in Sardegna, dove questa giovane artista barbaricina, nata a Nuoro, vive e lavora. Immagini che sarà possibile ammirare presso la Certosa di Pontignano fino al 10 settembre 2004. Pensato su proposta del Centro Warburg Italia, l'evento è stato realizzato dalla scuola di dottorato "Logos e Rappresentazione. Studi interdisciplinari di Letteratura, estetica, arti e spettacolo" in collaborazione con Synapsis 2004, e con il patrocinio del Circolo "Peppino Mereu" di Siena.

"Attraverso queste immagini si mostra, per scorci, frammenti, dettagli, allusioni e riflessi, il vecchio reclusorio abbandonato; attraverso lo sguardo intermittente dell'obiettivo fotografico affiorano i relitti di mille naufragi che si sono consumati in quel mare tempestoso, in cui i letti di ferro con le cinghie di contenzione appaiono ora", annota Giusy Calia nei suoi Appunti di lavoro, "piccole e traballanti zattere". Attraverso il filtro blu deliberatamente usato in alcune foto i luoghi e gli oggetti sembrano infatti immersi in un trasparente chiarore azzurrino, o verdastro, subacqueo, come in fondo al mare, un mare ora calmo e immobile, "cessato il tormento delle onde", silente, di vetro, che possiede e custodisce ogni cosa. Lo sguardo vi passa attraverso e non vi incontra nessuno.

Questa "perduta gente" senza nome, attraverso l'obiettivo fotografico di Giusy Calia, è chiamata e chiama, è cercata e cerca. Parla di sé in un geroglifico scompaginato e balbettante fatto di quelle cose e oggetti lasciati dietro, resti abbandonati nei momenti concitati della deportazione, rifiuti ambigui, pezzi che compongono un dolente e silenzioso e caotico messaggio cifrato, senza parole: un paio di pantofole scure compostamente sistemate sul ripiano basso di un comodino, le lenzuola sul letto, a volte il cuscino, le coperte ripiegate oppure gettate in un angolo, o come perse nella fuga, un fazzoletto appallottolato, fotografie, un flacone giallo, un ventaglio rotto, una spazzola per capelli su un piatto bianco, assieme al santino incorniciato di una suora beatificata per la sua opera presso gli emigrati in America, una carrozzella da invalidi.

Giusy Calia (Nuoro, 1971) è laureata in Lettere moderne
(Il daimon goethiano dal Prometeo al Meister, 1997) e
in Filosofia (Alda Merini. Un'anima sconosciuta, 2003)
presso l'Università degli Studi di Sassari. Ha curato, tra
l'altro, la mostra fotografica 'Lula per la pace', Comune di
Lula, 2004.



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