Università degli Studi di Siena
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30/03/2016
AREZZO - “Quando c’erano i matti”, una giornata di studio sull’ospedale aretino e le esperienze italiane ed europee
Nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi e i dibattiti sul tema degli ospedali psichiatrici, con particolare riferimento all’elaborazione teorica, alla pratica e all’impatto della psichiatria radicale, che negli anni Sessanta e Settanta ha avuto in Franco Basaglia il più autorevole protagonista. Anche la città di Arezzo e il suo ospedale del Pionta, oggi sede dell’Università di Siena, sono stati investiti direttamente da questa importante esperienza, specialmente negli anni della direzione di Agostino Pirella, iniziata 45 anni fa, nel 1971.
“Quando c’erano i matti” è il titolo dell’iniziativa che il Dipartimento universitario di Arezzo organizzerà martedì 5 aprile al campus del Pionta (viale Cittadini), un incontro pubblico all’interno di spazi particolarmente evocativi che conservano le carte di una lunga stagione storica. “Tra le linee di sviluppo del Dipartimento – afferma la direttrice Loretta Fabbri – vi è quella di valorizzare il patrimonio scientifico ereditato dall’esperienza dell’Ospedale psichiatrico aretino. Grazie alle nuove prospettive introdotte anche ad Arezzo da Pirella e Basaglia, la nostra città ha conosciuto un importante momento di internazionalizzazione, offrendosi come spazio di ricerca, innovazione e riflessione sociale sui modelli organizzativi e metodologici riguardanti la gestione della salute mentale”.
La giornata di studi è curata dagli storici del Dipartimento Massimo Bucciantini e Massimo Baioni. “Sarà un’occasione – spiegano - per tornare a riflettere sul significato storico, sul valore e sull’attualità delle esperienze giunte a maturazione negli anni Settanta del secolo scorso. Si tratta di tematiche dalle molteplici implicazioni, che sollevano domande di ampio respiro: da qui l’importanza di un confronto aperto, un dialogo critico tra la vasta comunità degli studiosi (storici, psichiatri, psicologi, pedagogisti, sociologi), gli operatori sanitari e la più ampia comunità di cittadini”.
Il programma della giornata prevede nella mattinata, dalle ore 9,30, una serie di interventi dedicati all’esperienza dell’ospedale psichiatrico di Arezzo: la relazione dello storico britannico John Foot introdurrà il tema, che sarà poi sviluppato attraverso la proiezione di filmati d’epoca e gli interventi-testimonianze di protagonisti della pratica e del dibattito sulla psichiatria di quella stagione (tra cui Cesare Bondioli, Paolo Martini, Paolo Nascimbeni, Paolo Serra, Peppe Dell’Acqua). Alcuni docenti del Dipartimento di Arezzo si soffermeranno sui tanti possibili utilizzi dell’archivio (Francesca Bianchi, Silvia Calami, Claudio Melacarne) dell’ex ospedale psichiatrico, che potrà essere visitato per l’occasione.
Proprio dall’illustrazione della documentazione conservata nell’Archivio storico partirà la seduta pomeridiana, con l’intervento di Stefania Gherardi, Lucilla Gigli, Patrizia Montani. Seguirà la presentazione-discussione di due pubblicazioni recenti, che hanno portato contributi importanti e aggiornati alla conoscenza del tema. Si tratta del volume di John Foot, dell’Università di Bristol, La “Repubblica dei Matti”. Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978 (Feltrinelli, 2014) e del fascicolo monografico della rivista “Memoria e Ricerca” Spazi manicomiali nel Novecento, a cura di Maddalena Carli e Vinzia Fiorino (n. 47, 2014). “L’apporto che viene da questi lavori – spiegano Bucciantini e Baioni - consente di fare dell’istituzione manicomiale un osservatorio privilegiato per leggere alcuni processi di lungo periodo della storia culturale europea e, nel caso nazionale, per soffermarsi su alcuni passaggi cruciali nella storia dell’Italia repubblicana e delle città che furono protagoniste di quella mobilitazione”.
Dialogheranno con gli autori Stefano Brogi e Renzo Sabbatini, docenti al Dipartimento di Arezzo, Marco Natalizi della Fondazione Mario Tobino e Caterina Pesce, autrice di una tesi di laurea sull’ospedale aretino.
La giornata di studi si avvale di un contributo della Fondazione Mario Tobino.

--- L’esperienza del manicomio di Arezzo, da Pieraccini a Pirella. Inaugurato nel 1901 e definitivamente chiuso negli anni Ottanta con l’attuazione della legge Basaglia ---- Nell’ultimo decennio dell’Ottocento la Giunta provinciale di Arezzo decise di avviare la costruzione del manicomio e nel 1901 furono inaugurati i primi locali dell’ospedale nell’area del Pionta con il trasferimento dei primi pazienti. Il villaggio manicomiale venne completato nel 1912. Arnaldo Pieraccini, direttore dal 1904 al 1950, abolì ogni forma di contenzione nei reparti dell'ospedale e diede avvio ad attività ergoterapiche, i pazienti venivano impiegati nella colonia agricola o in altre attività lavorative. Il manicomio di Arezzo si trasformò, fra i primi in Italia, in “Ospedale provinciale neuropsichiatrico”. Il padiglione neurologico venne inaugurato nel 1926, nel primo anno la struttura ospitò 73 pazienti (38 uomini e 35 donne), nel 1930 i ricoveri raggiunsero 532 persone e nel primo decennio di attività vi furono accolti 2627 malati. Con il pensionamento di Pieraccini la direzione dell’istituto passò al professor Marino Benvenuti che rimase in carica fino all’arrivo ad Arezzo di Agostino Pirella nell’estate del 1971. Benvenuti progettò i lavori ampliamento e ammodernamento dell’istituto e fondò la “Rivista di Neurobiologia”. I primi interventi di Pirella, primario a Gorizia con Franco Basaglia, furono la chiusura del Reparto Cronici e Infermeria, la possibilità per i degenti di uscire dai reparti e le assemblee generali gestite dai pazienti. Nel 1978 venne approvata la legge 180, nota come legge Basaglia, che prevedeva la chiusura dei manicomi. Pirella, che in accordo con la giunta provinciale si era adoperato per l’“apertura” del manicomio, nel 1979 lasciò l’incarico di direttore a Vieri Marzi che si occupò della definitiva chiusura dell’ospedale.

--- --- Nell’archivio storico dell’Ospedale neuropsichiatrico aretino conservato al Pionta migliaia di documenti tra cartelle cliniche, quaderni, fotografie, registri, carteggi --- L’archivio storico dell’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo, conservato nella sede del Dipartimento dell’Università di Siena, si compone di più di 1500 unità tra cui registri, quaderni, fotografie, carteggio del Direttore e dell’Economo e soprattutto cartelle cliniche, circa 12 mila del manicomio e 19 mila del Padiglione neurologico. Non mancano documenti che raccontano gli anni del cambiamento con l’arrivo ad Arezzo di Agostino Pirella come i verbali e le fotografie delle assemblee generali, le relazioni del nuovo direttore e della sua equipe. La documentazione, dopo anni di incuria e abbandono seguiti alla chiusura dell’ospedale alla fine degli anni ottanta, è stata recuperata, riordinata e inventariata grazie alla collaborazione di Università di Siena, Asl di Arezzo, Soprintendenza archivistica per la Toscana e Archivio di Stato di Arezzo. Dal 2013 l’Università si occupa anche della catalogazione e gestione della biblioteca scientifica dell’ex manicomio, rimasta inaccessibile per molti anni, che raccoglie i volumi usati da medici e infermieri fin dai primi anni del ‘900. Grazie al lavoro di riordino e catalogazione della documentazione, oggi è possibile consultare l’archivio.