Università degli Studi di Siena
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02/12/2015
AREZZO - La memoria del manicomio entra all’Università attraverso i dipinti dei ricoverati
Cambia volto l’aula magna del campus universitario del Pionta, che da oggi ospita dei grandi pannelli che riproducono particolari di alcuni dipinti realizzati, tra gli anni Cinquanta e Settanta, dai pazienti dell'ex manicomio.
“Con il progetto del nuovo allestimento dell'aula magna – ha spiegato il professor Torriti, che lo ha curato - abbiamo voluto recuperare l'identità storica degli edifici che oggi ospitano il Dipartimento di Arezzo dell’Università di Siena. Sono state perciò realizzate delle gigantografie di particolari di alcuni dipinti creati dai ricoverati dell'ex Ospedale Psichiatrico nel laboratorio di pittura che, negli anni Cinquanta, il vicedirettore Furio Martini istituì sotto la direzione del pittore Franco Villoresi”.
Le opere riprodotte sono di Livio Poggesi, di San Giovanni Valdarno, ricoverato alla fine degli anni ’50 e periodicamente nei decenni successivi. Proprio a metà degli anni ’70 venne organizzata una mostra dei suoi lavori presso una libreria a Campo di Marte. Altre opere sono di Lorenzo Fortuna, nato a Pola, ricoverato per circa dieci anni nell’Ospedale psichiatrico di Arezzo, definito dal direttore Agostino Pirella “abile disegnatore e stuccatore”. Di Fortuna è stato proposto in particolare un lavoro del 1966: quattro tele raffiguranti lo stesso vaso di fiori, dipinto in quattro momenti psichici diversi. Un’altra gigantografia esposta riproduce un lavoro di R.F. di cui si hanno poche notizie, fu ricoverato solo per pochi anni alla fine degli anni ’50.
Nel corso della ricerca di opere pittoriche realizzate da degenti dell’Ospedale psichiatrico sono emersi anche altri nomi, tra i più noti in città quello di Alberto Cangi, a lungo ricoverato, autore del celebre, almeno per gli aretini, affresco della tavola calda realizzato negli anni Settanta nell’ex colonia agricola del manicomio.
In uno scritto degli anni sessanta il dottor Furio Martini scriveva: “Non soltanto il fascino esercitato da ogni genere di creazione artistica da parte dei malati di mente è la ragione dell’interesse e dell’attenzione che oggigiorno vengono rivolti a tali produzioni, bensì ragioni molto più valide quali soprattutto la possibilità di giungere a una esplorazione della personalità psichica del malato , specialmente nei casi in cui non c’è tendenza a rendere manifesti gli intimi tormenti, secondo un vero e proprio test mentale, di notevole valore clinico e pratico, da impiegare quale ottimo sussidio diagnostico”.
La direttrice del Dipartimento universitario di Arezzo Loretta Fabbri e il professor Paolo Torriti hanno ringraziato tutti coloro che hanno messo a disposizione le opere per poterle studiare e fotografare: i medici Cesare Bondioli, Giampiero Cesari e Paolo Martini, la psicologa Franca Primi, gli infermieri Massimo Gherardi e Natalina Caporali e la dottoressa Antonella Moriani, oltre all'archivista dell'Archivio storico del manicomio Lucilla Gigli.
Partendo da questo progetto è stata avviata una ricerca più ampia per una tesi di laurea sui dipinti dei pazienti dell’ex Ospedale psichiatrico di Arezzo e sul rapporto tra arte e psichiatria, che sarà discussa nei prossimi mesi.