08/02/2009
AREZZO - Scoperto a Verona il primo "manuale di lettere d'amore" (metà XII secolo): conterrebbe il più antico modello di lettera d'amore del Medioevo
Secondo i ricercatori della facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo
dell'Università di Siena si tratta del più antico modello di lettera
d'amore del Medioevo. Attribuita a Guido II dei conti Guidi del Casentino,
sarebbe stata inviata alla consorte Imelda (attestata in un documento del
1017), è stata ritrovata a Verona in un manuale di composizione epistolare
del XII secolo, che per la prima
volta fornisce indicazioni anche su come scrivere questo genere di
lettere. La lettera viene infatti riportata come esempio dal maestro -
anch'egli di nome Guido - autore del manuale.
«Maestro Guido è il primo a insegnare come si scrive una lettera d'amore»,
spiega Francesco Stella, coordinatore di un progetto di ricerca
sull'università aretina nel '200, «dedicando a questo argomento un intero
capitolo del suo manuale, che possiamo considerare il progenitore del
"Segretario galante" su cui le nostre nonne imparavano a scrivere ai loro
fidanzati».
Nella lettera il conte raccomanda all'amata la cura della casa e delle
proprietà agricole, augurandosi poeticamente che l'amore la raggiunga
oltre i monti e il mare sull'onda del suo profumo. «Se lo scriba non ha
sbagliato e se l'identificazione è corretta», prosegue Francesco Stella,
«siamo un secolo prima delle più antiche attestazioni finora conosciute di
modelli di lettere d'amore. Ma siamo anche centotrent'anni prima del
momento in cui il maestro Guido scrive: si è formulata allora l'ipotesi»,
prosegue Stella, «che il maestro attinga ad archivi di istituzioni anche
private, come potevano essere le carte dei conti Guidi, padroni di gran
parte della Toscana del Nord, dell'Emilia e della Romagna, feudatari
potentissimi di Matilde di Canossa e poi di Federico I, e ospiti di Dante
in uno dei suoi luoghi d'esilio».
Il territorio casentinese e la direttrice fra Arezzo e la Romagna sono
stati i primi luoghi di elaborazione di manuali per la composizione di
documenti e lettere, «un genere di testi», commenta
Stella, «che nasce nel medioevo ma che ancora registra vendite
significative nelle nostre librerie: si pensi ai vari manuali di stile,
prontuari di scrittura, modelli di lettere». Le ricerche del gruppo
coordinato dal professor Francesco Stella, collegate a lavori in corso a
Venezia, Pisa e Parigi, riportano al Casentino aretino e romagnolo alcune
delle prime figure di maestri di queste tecniche, che in latino si
chiamavano "artes dictandi" (cioè arti della composizione) e che furono
ben
note a Dante: tra questi anche Guido, i cui "Modi dictaminum" inediti sono
tramandati dal manoscritto di Verona, e che utilizza documenti relativi ai
Conti Guidi.
La scoperta dell'opera di Guido, di cui prepara la prima edizione assoluta
Elisabetta Bartoli, promette di modificare sensibilmente le conoscenze
del settore, i pregiudizi sull'alfabetizzazione femminile nel medioevo e
sull'esistenza di centri di scrittura laici, e anche un po' la storia dei
sentimenti. Il prontuario contiene anche esempi di risposta di una donna
al marito, ma questa volta non si tratta di Imelda, bensì di una certa M a
un certo Pietro (ancora da identificare), cui augura un pronto ritorno
perché lei è amore languida, "soffre d'amore". E' l'anticipazione di
quello che sarà un luogo comune della poesia cortese, come altri che si
affacciano negli esempi proposti da Guido: il desiderio dalla lontananza,
l'amore sbocciato fin dall'infanzia, l'innamoramento al suono del canto,
la ricerca dell'amata come cervo alla ricerca della sorgente, la
raccomandazione a esaltare le bellezze della donna.
Questa scoperta riconduce al Casentino e in particolare ai conti Guidi: il
manuale contiene, come esempi, molte lettere finora sconosciute relative
alla storia di Arezzo e ai rapporti fra i conti Guidi, Bologna e le
Marche, conferma la presenza e l'importanza di istituti di alta
formazione nel territorio aretino un secolo prima dello Studium (già
all'inizio del XII secolo).
Il testo della lettera
Imilde, uxori karissime vel amice dulcissime G. eius vir et amicus se
ipsum totum et quicquid Paris Elene. Quantum ardentissimi amoris, vel
dolcissime dilectionis, uxor karissima, vel amica dulcissima, cura te
fervide habeam et habere cupiam nec corde concipere nec manu scribere nec
sermonibus valeo expedire. Notum igitur sit tibi, uxor karissima, me,
domino concedente, Pisis in omnibus prosperari et cunctas mercationes tam
fere oportune distraxisse et fidum ductorem minime invenisse quo ad te
fiducialiter valeam redire vel aliter ad amicam; noverit tua dilectio
amica dulcissima quod ex odore tui amoris montes transire, maria natare et
ipsum mortis articulum subire non recusarem; cuius rei causa, dulcedinem
tuam nimium deposco quatinus si me amplius vivere velle de te mihi locum
et tempus congruum concedas et mei memoriam oblivioni mandare
ullatenus
cupias; vel cuius rei causa te uxor karissima modis omnibus deprecor
quatinus nostre domus negotia diligenter pertractes et tuis filis
providere ac vindemias recolligere taliter studies ut quod de te absente
credo te presente cognoscere valeam. (per gentile concessione di
Elisabetta Bartoli)
"A Imilda, moglie carissima (o amica dolcissima), Guido suo marito (o
amico) consegna tutto se stesso, come Paride ad Elena. Quanto amore
ardentissimo o affetto dolcissimo, moglie carissima o amante dolcissima,
io
nutra fervidamente per te e desideri avere non riesco a concepirlo nel
cuore o scriverlo con la mano o dirlo con parole. Voglio che tu sappia,
moglie carissima, che per grazia del Signore io mi trovo a Pisa e sto bene
e ho venduto tutta la merce ma non ho trovato un conducente affidabile con
cui poter tornare da te (o altrimenti dall'amica). Il tuo affetto amica
dolcissima sa che per il profumo del tuo amore non rifiuterei di
valicare i monti o attraversare a nuoto i mari, e perfino di affrontare il
pericolo di morte. Per questo chiedo fortemente alla tua dolcezza che se
vuole che io viva ancora mi conceda luogo e tempo per vederti e non voglia
consegnarmi alla dimenticanza. Oppure: per questo, moglie
carissima, ti prego in tutti i modi di gestire con cura le incombenze
della nostra casa e di provvedere ai tuoi figli e raccogliere i frutti
delle vendemmie in modo che io possa constatare in tua presenza quel che
in tua assenza io credo si faccia"